“Eppur mi piace… Immaginari e lavoro tra femminismi e pornografie”

Intervista all’autrice Mariella Popolla

Mediante gli esiti affatto scontati di una ricerca etnografica, il testo dà la parola a coloro che vivono dall'interno la pornografia, focalizzando l’attenzione sulle forme di organizzazione del lavoro e sulle dinamiche delle carriere di un settore aziendale in cui gerarchie e godimento sono intimamente avviluppati.

Il tema della pornografia è reputato imbarazzante e, soventemente, è inesplorato dalla sociologia del lavoro e delle organizzazioni.

Dove risiedono, a suo avviso, le ragioni d’un sipario sistematicamente calato?

La questione è piuttosto complessa; in estrema sintesi posso dire che ci sono temi considerati “accettabili” e spendibili e altri che non lo sono. La pornografia è uno di quelli che possono causare quella che Cirus Rinaldi definisce «ostilità intellettuale», e portare a isolamento e sanzioni implicite. Studiare la sessualità e, ancor di più, studiarla dal punto di vista del lavoro, sfida in qualche modo il nostro voler relegare il sesso ai margini del sociale, nel campo del privato, di ciò che non andrebbe discusso (ma che viene abbondantemente regolato, normato). Quando mettiamo sul tavolo la sessualità, il famoso elefante in salotto, scattano dei meccanismi stigmatizzanti, e addirittura un po’ morbosi, verso il tema e verso chi se ne occupa.

Il saggio da lei redatto offre gli esiti di un’attenta ricerca etnografica.

Quali difficoltà ha incontrato nel conferire “voce” a chi vive dall'interno la pornografia rispetto ad un argomento afferente le forme di organizzazione del lavoro e le dinamiche delle carriere?

A parte quanto già detto, in termini più tecnici, la difficoltà maggiore è stata quella di guadagnare la fiducia delle persone che ho intervistato. Mi spiego meglio: non è facile parlare del proprio lavoro se, dall’esterno, viene spesso dipinto come qualcosa di deviante, di cui vergognarsi, se viene costantemente posto sotto attacco e qualsiasi dichiarazione può essere utilizzata in modo fuorviante, se non viene neppure riconosciuto come lavoro o come qualcosa che si è scelto di fare consapevolmente.

Il volume si concentra su quello specifico settore della pornografia che in maniera palese e manifesta incrocia ed interpella i movimenti femministi nonché i diversi movimenti LGBTQI+.

Ebbene, quali sono gli elementi di rottura e discontinuità rispetto agli ordini sessuali dominanti?

Eh, si dovrebbe leggere il libro per rispondere! In ogni caso, corpi, pratiche, immaginari cercano di affrancarsi da visioni stereotipate, sessiste, omolesbotransfobiche, abiliste, razziste. C’è una grande attenzione a ciò che si comunica e a come lo si fa.

Il porno è, indubbiamente, un’industria dal fatturato stratosferico.

Pensando altresì alla strabiliante escalation del porno online, si potrebbe discorrere di “uberizzazione” della forza-lavoro?

Molto è cambiato negli ultimi anni. Non è più quella del porno a essere un’industria dal fatturato stratosferico; adesso è tutto in mano alle aziende informatiche che gestiscono i tubes (si pensi a MindGeek e a Pornhub) e influenzano tantissimo le pratiche organizzative e lavorative, riducendo notevolmente la forza contrattuale deə performer e spingendo a un loro “esodo” verso altri canali di profitto (ad esempio onlyfans).

Esistono gearchie all’interno del settore della pornografia?

La pornografia non viene prodotta in un vuoto sociale; esistono gerarchie sociali e queste, necessariamente, investono anche gli ambiti lavorativi, tra cui quello del porno. Essere una donna cisgender, bianca, senza disabilità offrirà delle traiettorie professionali diverse rispetto a una donna trans, bipoc, con disabilità. Lo stesso vale per gli uomini. Le produzioni da me prese in esame lavorano proprio per decostruire queste gerarchie, non solo a livello di immaginari ma proprio dal punto di vista dei processi produttivi, del benessere e delle “possibilità” per ə performer. Ciò non significa che questo non avvenga anche in produzioni che non si riconoscono come femministe o queer ma queste ultime basano gran parte del proprio posizionamento pubblico e comunicativo su questi aspetti.