Attualità del “Cantico di frate Sole”
Quando Francesco ritornò in Italia dalla Terra Santa, la sua vita era completamente cambiata per problemi sorti all'interno dell'organizzazione della fraternità da lui fondata e per l’aggravamento delle sue condizioni di salute. La malattia agli occhi era peggiorata. Chiara e le sue sorelle lo ospitarono in una celletta presso San Damiano.
Una notte Francesco, riflettendo sulle tante tribolazioni che aveva, fu mosso a pietà verso sé stesso e disse in cuor suo: “Signore, vieni in soccorso alle mie infermità, affinché io sia capace di sopportarle con pazienza!” (FF. 1614).
C’era stata in lui una ribellione al dolore e si era affermata la voglia di vivere, di vincere il male, di vedere il bello in ciò che ci circonda e che spesso non apprezziamo.
Incominciò a guardare con maggiore passione a Dio che volle trasformare in canzone di lode ed esultanza.
E fu proprio in questi momenti di profonda sofferenza che nacque il Cantico di Frate Sole. Un canto all’ “Altissimo bon Signore”, visto e ammirato “in tutte le sue creature”.
Non è un canto nato nella gioia e nella serenità: viene dal buio, dal freddo e dalla sofferenza, tra i tormenti dei topi.
Nel Cantico sono presenti vari aspetti. Ne richiamiamo qualcuno.
Innanzitutto c'è un aspetto esistenziale. Il Cantico scritto da Francesco nel 1225, poco più di un anno prima della sua morte, è una “teologia della lode” e nasce dalla sua profonda esperienza di Dio, dall'amore del Crocifisso, del mondo e di sé.
L'altro aspetto è quello cosmologico. Nella prima parte del Cantico si legge: “Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l'onore e omne benedizione”. Le lodi vere a Dio, non possiamo dirle noi povere creature, ma appartengono a Lui. “Solo Tu, Dio mio, potresti lodarti nel modo giusto. A te appartiene ogni lode, ogni gloria, ogni onore, ogni benedizione”.
Successivamente si legge: “Laudato si’ mi’ signore cum tucte le tue creature, spetialmente messer lo Frate Sole, lo quale...”.
Ciò significa: “Non sono solo io a lodare te mio Dio, ma ti lodo insieme alle altre creature”. In questo modo intende anche la predica agli uccelli.
Francesco vede il Signore attraverso la bellezza della natura, la ama e loda la luna, le stelle, “frate Vento”, “sor’Acqua”, “frate Focu”, “sora et matre Terra”, perché sono immagini del Creatore.
Ora se la lode è comunione, il Cantico può anche rappresentare un invito al dialogo interreligioso. Gli uomini di qualsiasi credo religioso sono accomunati dalla preghiera di lode a Dio.
Il riconoscere insieme l’unico Creatore, significa che si può benissimo stabilire un dialogo di collaborazione tra tutte le religioni, senza abolire le differenze confessionali, ma stabilire uno stretto rapporto tra creazione e pace.
Per Francesco la pace sociale si ottiene realizzando l’armonia del mondo.
Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta. Il male, la violenza nasce nel cuore dell’uomo ferito dal peccato e si riversa sulla natura e nei suoi componenti: nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi.
“Dimentichiamo che noi stessi siamo terra” (cfr. Gen. 2,7), dimentichiamo il perdono.
Dice Francesco: “Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano”. L’uomo che perdona, cioè che accoglie l’altro, è l’uomo che, come Cristo, in Cristo, svuota sé di se stesso; è questa l’altissima paupertas.
Il tema della morte è legato al tema del perdono. La morte è lodata come “sora”. Essa è il momento in cui l’uomo può decidere di stare dalla parte di chi ha perdonato e perdona, e quindi loda Dio, oppure no. La morte è la morte per chi non ha saputo perdonare. Chi ha saputo donare e perdonare è immortale: questa è la grande idea.
Concludo con le parole di Lucia Lombardo, che compaiono nella prefazione al mio saggio di prossima uscita Francesco d’Assisi. Il desiderio della luce:
“Prima di morire Francesco volle che fosse posto nudo sulla nuda terra. La nudità non è solo svestirsi degli abiti che nel mondo in qualche modo bene o male ci procuriamo, è la nudità del ritorno al Padre in una condizione di innocenza, la nudità di Adamo prima del peccato originale, e quindi prima della morte”.