Charles Percy Snow e le due culture

Charles Percy Snow nel testo “Le due culture” (1959) aveva posto in evidenza l’incomunicabilità esistente tra scienziati e letterati che aveva dato luogo ad una vera e propria spaccatura tra il mondo della ricerca scientifica e quello degli studi umanistici. Anzi, si era verificata quasi una spartizione di raggi d’azione: mentre la ricerca scientifica e tecnologica detiene una grande importanza nello sviluppo sociale di una comunità, la cultura umanistica domina le scelte di carattere politico.

Charles P. Snow – di professione scienziato e di vocazione scrittore – nelle pagine iniziali del suo testo presenta, con stile provocante, letterati e scienziati dell’Università di Cambridge come rappresentanti di due “culture” contrapposte che non comunicano tra di loro, anzi si guardano soprattutto con incomprensione e qualche volta con ostilità e disprezzo. Vi sono due gruppi antitetici: “letterati a un polo e scienziati all’altro, i più rappresentativi dei quali sono i fisici. Tra i due gruppi, un abisso di reciproca incomprensione: qualche volta (particolarmente tra i giovani) ostilità e disprezzo, ma soprattutto mancanza di comprensione. Gli uni hanno un’immagine stranamente distorta degli altri. Gli atteggiamenti sono così diversi che non c’è un terreno comune neppure per quanto riguarda le emozioni”.

La cultura scientifica è realmente una cultura ed ha “per natura il futuro nel sangue”. Invece i letterati dimostrano una totale incomprensione della scienza e diffondono la loro influenza su tutto il resto. “Se gli scienziati hanno il futuro nel sangue, allora la cultura tradizionale risponde auspicando che non ci sia il futuro. È la cultura tradizionale che, in una misura troppo poco limitata dall’emergere della cultura scientifica, governa il mondo occidentale. Questa polarizzazione è soltanto un danno per tutti noi. Per noi, come persone, e per la nostra società” (1).

Storicamente la cultura occidentale ha sempre ammesso la differenza tra la conoscenza dei fatti di natura in modo oggettivo e l’indagine su ciò che fanno gli uomini in modo più o meno creativo. La frattura tra le due culture è diventata sempre più evidente nell’Ottocento allorquando lo Scienziato e l’Umanista sono divenuti delle vere e proprie professioni.

La reciproca diffidenza tra le “due culture” e la mancanza di comunicazione tra scienziati e umanisti, è uno dei grandi mali della società occidentale. La classe di umanisti alla guida dei paesi avanzati ha pregiudizi antiscientifici molto radicati e non vuole ammettere che la scienza, e in particolare la scienza applicata, è l’unica che può salvare l’umanità dalla catastrofe della frattura planetaria tra ricchi e poveri.

La rivoluzione scientifica, che ha dato origine alla rivoluzione industriale, è per Snow la via per risolvere il problema. “E’ il solo metodo in virtù del quale la maggior parte degli uomini può raggiungere le cose di primaria importanza (anni di vita, libertà dalla fame, sopravvivenza dei fanciulli). Dunque, che i letterati, gli intellettuali scendano dai loro scranni e si sporchino le mani con la scienza, almeno un po’. Altrimenti è finita” (2).

Ma Snow accusa anche gli scienziati. La maggior parte è colpevolmente digiuna di cultura umanistica, di una formazione organica sui valori condivisi che orientino il loro lavoro e siano di aiuto alla società nel suo complesso.

Secondo alcuni studiosi invece, e tra questi Stephen J. Gould, Snow sollevò un problema che non esisteva. Se pensiamo ad esempio a Galileo Galilei non fu solo scienziato, ma anche poeta e scrittore. “Fu proprio grazie al suo amore per la lettura, la poesia e l’arte che Galileo riuscì a sviluppare quella capacità di immaginazione che poi gli sarebbe stata utilissima per compiere una straordinaria rivoluzione in campo astronomico” (3). Anche Charles Darwin spesso usava uno stile narrativo più vicino a quello dell’esploratore che dello scienziato.

Geymonat nella prefazione all’edizione italiana del 1964 al saggio di Snow scrive: “nessuno può essere così cieco da non rendersi conto che l’esistenza di due culture tanto diverse e lontane costituisce un grave motivo di crisi della nostra civiltà” (4).

Si sta preparando una umanità alienata nel sapere e nel vivere: nella vita pratica predomina l’attività competitiva su quella cooperativa e lo sfruttamento sulla integrazione che coinvolge il campo delle risorse umane e ambientali.

Il problema della diversità e della lontananza tra cultura letterario-umanistica e scientifico-tecnica, è diventato sempre più attuale per effetto dell’accelerazione dello sviluppo tecnologico-scientifico e delle nuove problematiche presentatesi all’uomo contemporaneo. Si è avuta “una vera e propria rivoluzione: la velocità dell’innovazione tecnica è cresciuta a dismisura, soprattutto grazie alle macchine che elaborano e trasmettono l’informazione”. L’importanza assunta dalla tecno-scienza e il predominio esercitato dall’economia e dal mercato, richiedono una ridefinizione del sapere (5).

Note

1.      Charles Snow, Le due culture, tr. it. di Adriano Cargo, Feltrinelli, Milano 1964, pp. 3-12.

2.      Charles P. Snow, Le due culture, Edizione Marsilio, Venezia, 2005, p. 7.

3.      M. Ciardi, Galileo e Harry Potter, Carocci Editore, Roma, 2014, p. 15.

4.      Ludovico Geymonata, in Charles Snow, Le due culture, Feltrinelli, Milano, 1964, p. 11.

5.      Giuseppe Longo, in Charles Snow, Le due culture, Marsilio, 2005, a cura di Alessandro Lanni, pp. 119-129.

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Giuseppe Scarane

È filosofo, pedagogista e autore. Di recente ha pubblicato "Eterno, come l'amore", "Pier Paolo Pasolini: una frontiera di libertà" e "L'uomo dopo il postmoderno. Il cambiamento del reale".
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