Donato Di Poce sul “diamante grezzo” della poesia
Donato Di Poce non si stanca mai di imbattersi nelle parole della poesia. Da poeta e da uomo ogni giorno costruisce intorno alla poesia la propria esistenza.
La poesia è la sua ragione di vita. Al suo rapporto con essa dedica un libro intero.
La poesia è un diamante grezzo è un omaggio d’amore incondizionato e il poeta scrive versi sporcandosi le mani con l’inchiostro e con il sangue.
Tra assenze e essenze il poeta decide di non tacere, mette in discussione con una serie infinita e scettica di non so il suo rapporto quotidiano con la poesia.
«Per essere poeti bisogna essere complessi» scrive Di Poce. Considerazione inattuale in un mondo banale in cui ci sono troppi “poeti” che credono di essere poeti con la loro lingua, che prende in prestito le parole dai biscotti della fortuna o peggio dai bigliettini dei baci perugina.
«La poesia facile non esiste» scrive Franco Fortini. Lo sa anche Donato Di Poce, che conosce la naturalezza del poeta e con la sua poesia trafigge il presente e insanguina il domani.
La poesia è un diamante grezzo smaschera la commedia ubriaca dei poeti innamorati del loro ego, che si pavoneggiano e si mettono l’aureola.
Di Poce chiama questi loschi figuri con ironia poetocrati.
«È molto difficile dare una definizione univoca e riconoscere e distinguere i Poetocrati dai poeti veri. Infatti i poetocrati sono falsi poeti, falsi critici, falsi editori, maestri del camuflage, del travestitismo e del mimetismo. Sembrano poeti, si comportano da poeti, perfino scrivono quasi come i poeti, ma non lo sono veramente, sono come le zecche e le mosche tze tze, sono maestri del presenzialismo e dell’apparizione, sono ovunque, credono di sapere tutto, e si spacciano per aspiranti Nobel e accademici pluripremiati. Ma i loro testi puzzano di poesia, come fiori marci o uova andate a male».
In queste pagine troviamo un poeta onesto che ama fare poesia in modo onesto.
Perché la poesia, quella vera non si può sottrarre alle logiche autentiche dell’onestà intellettuale.
«Quando scrivo non appartengo più a me stesso / È un qualcosa che mi pulsa dentro / Mi macchia il respiro e l’anima / Che vuole diventare inchiostro».
Eccolo il Noi caproniano, quella dimensione corale che diventa universale che fa del poeta un uomo in mezzo agli uomini.
Donato Di Poce è un poeta corale. Ogni suo verso è un ponte di parole che cerca reciprocità e la sua poesia è un lampo di verità che abbaglia le ferite dell’essere.
La poesia è un diamante grezzo è un libro manifesto. Argomento la poesia vera, quella che sceglie i silenzi che la sanno ascoltare.
Un libro che non piacerà per niente ai poetocrati e ai populisti della parola, categorie particolarmente irritante perché si fingono avanti, navigati, superiori a tutto con i loro hanno già visto, già fatto, già detto, già scritto tutto, non c’è mai niente che gli vada bene, sono pronti a spargere veleno, diffidenza e illazioni, calunnie su tutto ciò che non è farina del loro sacco.
Ma i poetocrati non sono poeti perché ignorano una verità: la poesia è un diamante grezzo che si libera del buio superfluo e brilla in tutte le direzioni.
(Donato Di Poce, La poesia è un diamante grezzo, Edizioni Helicon, pagine 52, €12,00)