Il processo ai Chicago 7

«Risponda alla domanda! Lei prova disprezzo per il suo governo?»

«Signor Schultz, non è niente rispetto al disprezzo che il mio governo prova per me»

Dal film Il processo ai Chicago 7

Il film si colloca in una terra di mezzo e di passaggio tra due blocchi, incide due territorialità, tanto dal punto di vista politico, quanto dal punto di vista ideologico, ma anche dal punto di vista giuridico. Collocarsi a cavallo tra due sistemi, soprattutto tra due focolai di potere, significa rapportarsi al problema degli enunciati, che si costituiscono sui focolai di potere. Esistono, quindi, dei rapporti di forza tra due sistemi, esiste una forza che vuole integrare la differenziazione attraverso degli enunciati di tipo pastorale, che sono costituiti su forze già preesistenti nel piano precedente. Ma cosa sono gli enunciati di tipo pastorale?

Lo sfondo è quello di un’America che si trova ad affrontare la fine delle illusioni, di un’America che andrà incontro alla distopia collocata al di sotto del Blue Velvet, ma che non può fare a meno di ricostituire dei luoghi problematici nelle strutture di passaggio. Così vengono fuori tutte le stratificazioni che si producono sui focolai di potere. Ma quali sono questi strati? Soprattutto, sono strati che appartengono ad un determinato momento storico? Oppure sono focolai di potere che si producono ed auto-producono costantemente? Il film ne tratta diversi: scontro tra amministrazioni politiche; il rivoluzionario contro il riformista; i diversi modi di essere rivoluzionari; l’enunciato della protesta; il tema della violenza e della repressione; la polizia.

La struttura del film risulta pericolante, proprio per la messa in gioco di una molteplicità di tematiche, che non vengono mai approfondite o trattate a dovere. Ma, resta il fatto, che è messa in atto la creazione di alcune singolarità, e tra queste viene fatta passare una curva di integrazione costituita dalla figura del giudice. Non conta, certo, se il giudice sia corrotto o meno – il film mostra un giudice che vuole forzare il processo in una direzione determinata, eppure ciò che conta, ciò che dobbiamo mettere a fuoco, sono gli enunciati del giudice nei confronti dei 7 di Chicago, atti a regolarizzare la diverse singolarità degli accusati: sono degli enunciati-linea che unificano le differenze singolarizzanti dei 7. In tal senso, le regolarità che il giudice emette sono degli enunciati, enunciati-linea, che passano attorno ai punti singolarizzati di un accusato per metterlo in relazione con un altro punto, magari di un altro campo, quello ad esempio della sovversione. Oppure per metterlo in relazione con un certo qual modo di intendere un discorso pubblico. Ma la relazione che si instaura in questo passaggio non è una relazione creativa, anzi, come direbbe Deleuze, non si tratta di una relazione di desiderio, ma di una relazione-regolarizzante. Questo significa che ogni relazione può condurre verso una regolarità, oppure verso una dispersione; e gli enunciati giuridici, per la loro stessa esigenza, necessitano di ricondurre a regolarità, così come gli enunciati medici riconducono verso regolarità sintomatiche che non sono mai la malattia.

Allora il vero scontro può essere riassunto dicendo che da una parte si trovano i 7 di Chicago, mentre, dall’altro lato, si trova il potere regolarizzante della linea giuridica, oppure, per amplificazione, del governo americano. Abbiamo il potere di una linea integrante che si carica al massimo radicandosi sulla forza dei suoi enunciati giuridici e sulla base del potere dei suoi enunciati governativi. D’altra parte, anche le singolarità degli accusati sono focolai di potere, ma sono focolai di un potere dispersivo e si potrebbe quasi dire che sono fonti di un sapere mortale e suicida, perché per tutto il film gli accusati non fanno altro che tentare di suicidarsi verbalmente, facendo precipitare miriadi di ammonimenti contro se stessi, aggravando la loro condizione. Significa che ad un livello ancora più alto abbiamo lo scontro tra - il potere regolarizzante di una linea, che fa forza sul potere dispersivo di un punto, o di una serialità di punti, ma di quale punto\punti di preciso? Del punto di morte. Pertanto, la morte è il potere dispersivo per eccellenza, il potere del punto che si contrappone al potere unificante degli enunciati governativi. Così, il tentativo di far passare una linea, intesa come curva integrante, rispetto alle singolarità e differenze costitutive di una volontà di potenza infinita verso la morte, è il tentativo di un potere pastorale che si costituisce nella sua essenza come volontà di sorvegliare e di regolarizzare in modo perpetuo la dispersione e la potenza sfuggente del punto di morte.

“Il linguaggio unificato, funzionale, è un linguaggio irrimediabilmente anticritico e antidialettico. In esso la razionalità tradotta in norme operative e di comportamento assorbe gli elementi trascendenti e negativi della Ragione, e l’opposizione che essi rappresentano”. (H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, 1964)

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Marco Di Napoli

Laureato in Lettere e Filologia Moderna, studioso di strutturalismo e post-strutturalismo, si dedica da anni allo studio della filosofia contemporanea.
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