Al di sotto della caverna di Platone
La caverna di Platone ha guadagnato, nel bene e nel male, così come alcune grandi opere musicali, tutta una serie di variazioni. La vicenda è troppo nota per doversi prendere la briga di riassumere ciò che è stato narrato e pertanto non lo faremo: nell’antico mito sono descritti degli individui legati, o comunque incatenati a qualcosa dalla nascita, costretti in una rigida posizione a guardare delle ombre riflesse (si potrebbe dire da qualche parte, per sembrare intelligenti, in qualche conferenza accademica, che essi subiscono lo stadio dell’illusione). Ma non solo le ombre sono riflesse, gli stessi suoni sono riflessi e così le voci: tutto concorre a costituire un regime illusorio dove l’immagine riprodotta viene scambiata per la verità. Sembra una condizione tremenda, eppure bisogna ricordare una cosa da non sottovalutare: da tale antro si può uscire, ma è lo stesso Platone a dichiarare che l’uscita dalla caverna non è una mera condizione fisica, quanto una condizione mentale. Non è un lavoro facile, esistono delle pressioni, delle resistenze, che fanno preferire la posizione abitudinaria dell’incatenamento, con tutti i suoi enunciati dominanti ed i quadri di visibilità, alla luce del sole, accecante e crudele. La luce della verità è ben poco rassicurante e l’essere umano ai tempi di Platone voleva qualcosa di stabile, di epistemico. Una catena non è forse un fatto abbastanza epistemico?
Oggi tale mito dovrebbe subire una variazione radicale. Questo perché l’ontologia dell’essere sociale è totalmente mutata. Non esistono più esseri umani legati, anzi, la società contemporanea è caratterizzata dallo scatenamento complessivo delle pulsioni, dal godimento illimitato e delle smisurate ambizioni umane. La società attuale è la società del festino permanente, parlare di persone incatenate è un fatto anacronistico, che però potrebbe servire come base per un racconto di tipo diverso: il racconto della merda. Ma perché proprio la merda? Perché purtroppo la fisiologia, così come la matematica, non è un’opinione, e pare che tutti gli esseri umani, tanto i buoni quanti i cattivi, tanto gli alti, quanto i bassi, debbano cacare per poter sopravvivere. Anche se vivessero solo in un’illusione e se fossero irretiti dalle ombre della caverna, o dalle ombre di un cinema porno, essi dovrebbero comunque evacuare per non morire. Ovviamente non si vuole qui discriminare, non dovrebbero solo defecare, ma anche pisciare, quindi, per poter vivere dovrebbero cacare e pisciare tutti i giorni e anche molte volte in un giorno. Quindi quei prigionieri incatenati dai tempi di Platone e per volontà di chissà quale potere, avrebbero, nei secoli, cacato e pisciato, e cacato e pisciato tantissimo. Tale fatto non può passare inosservato, ma ci sono voluti molti anni e degli studi molto approfonditi, eseguiti grazie ai progressi sconvolgenti della tecnologia, per rendersi conto che sotto tali prigionieri ci sono dei fori dai quali passa tanto la merda, quanto ovviamente il piscio. Dato che tutto questo è stato scoperto dalla scienza in modo incontrovertibile si potrebbe immaginare, con lo stesso rigore scientifico, che tali escrementi vadano a finire in una sottosezione della caverna, in una caverna sotto la caverna, ma molto più grande, molto più profonda, capace di accumulare infiniti metri cubi di merda e di piscio. Si potrebbe anche immaginare che tutti questi escrementi vengano in parte filtrati da un processo naturale, o meccanico, del terreno sottostante, ma tutto questo poco importa, soprattutto poco importa alla scienza. Così come si potrebbe ipotizzare che la merda, in alcuni luoghi, si cementifichi, dando vita a delle piattaforme rigide, mentre, in altri luoghi crei delle zone morbide e paludose, ma anche questo poco importa, soprattutto poco importa alla scienza. Ciò che veramente importa è che anche in questa sottosezione della caverna esistono degli uomini e sono molto più numerosi di quelli incatenati al piano superiore. Ma mentre gli uomini al piano superiore sono delle volte felici, ma spesso sofferenti ed incatenati, gli uomini del piano inferiore sono sempre felici, sono sempre gaudenti e non fanno altro che festeggiare. Essi sono totalmente ciechi, o comunque non hanno mai visto nessuna luce (la caverna al piano inferiore è totalmente buia), non hanno mai visto neanche la luce richiesta per la proiezione di un’ombra. Non vivono, e non meritano, neanche più lo stadio dell’illusione, ma sono ad un livello di percezione inferiore. Non hanno vista, non hanno mai visto la vista, ma questo non li rende dei santi, li rende soltanto simili a dei vermi. Oltre ad essere ciechi non hanno neanche la capacità di percepire il fetore della merda nella quale vivono. Non avendo mai vissuto in altro luogo ed essendo nati in quell’antro, così come i prigionieri del piano superiore, essi non possono neanche percepire la puzza vomitevole del presente nel quale vivono: per loro è il solo odore possibile e la sola realtà possibile e pertanto ne sono contenti. La merda non è una scelta, così non si potrebbero definire neanche mangiatori di merda: essi non hanno scelto la merda, ma è la merda che li ha scelti, ma questo è assurdo. Come potrebbe la merda sceglierli? Infatti, non è così, ma si potrebbe comunque dire che non hanno scelto la merda, ma essi sono stati destinati alla merda.
Questi umani sono talmente innervati sul senso della merda che alcuni iniziano a valutare e studiare i vari tonfi di merda, tanto la consistenza della merda, quanto del piscio che gli arriva in testa e nascono così delle teorie estetiche. Alcuni dicono: questo è un tonfo di alta qualità, questa pisciata compone una melodia interessante. Così parlano i cavernicoli tra loro e festeggiano ogni qual volta cade sulle loro teste della merda nuova, fresca, puzzolente. A differenza dei cavernicoli del piano superiore che vivono il livello ontologico dell’illusione, questi vivono il piano ontologico della merda e ne godono. Il godimento della merda e degli escrementi è per loro la sacra ipostasi, la sola gloria possibile e dato che anche gli abitanti del piano più basso della caverna evacuano, essi non fanno altro che pisciarsi addosso in una sorta di narcisismo mimetico che li rende sempre più felici e solidifica le loro relazioni.
Si racconta che un giorno arrivò in tale ipogeo un individuo che non era mai stato lì e si può solo immaginare il vomito improvviso ed senso di disgusto del pover’uomo nel trovarsi in quella situazione. Ci volle molto tempo prima che tale individuo riuscisse a rendersi conto di cosa avesse attorno e, dato che aveva con sé una torcia, improvvisamente illuminò tale sottocaverna. Tutti gli abitatori della latrina si girarono verso quella luce come vampiri attratti da un suono invitante. Diciamo suono perché questi individui avevano ormai completamente perduto la vista, ma il suono che aveva fatto la torcia quando si era attivata era per loro un qualcosa di anomalo, un suono di qualcosa che non fosse merda, doveva essere un suono aberrante e poi quello straniero aveva un odore tremendo, non puzzava di merda e questo era inaccettabile per loro. Subito si radunarono degli esperti e tali esperti iniziarono ad interrogare quell’intruso, il quale, con molto imbarazzo provava a dire loro che, semplicemente, vivevano nella merda. Come faceva a dirlo? Non si può spiegare tutto, però sì, parlavano la stessa lingua, nonostante lui fosse uno straniero. Non c’è una ragione precisa che può spiegare il perché si parla la stessa lingua, ma la si parla e questo è vergognoso, anzi, non c’è cosa più vergognosa che rendersi conto di parlare la stessa lingua degli abitatori della latrina, eppure è così, ed anche questo è un triste destino. Comunque dopo infinite argomentazioni con le quali per un attimo balenò nella mente dei prigionieri il senso della merda e la sua funzione, gli esperti si riunirono nuovamente, discussero tra loro, ma improvvisamente iniziarono a ridere e ridevano così forte che tutti iniziarono a ridere di riflesso, mentre la merda cadeva sulle loro teste o nelle loro bocche. Ad un certo punto cadde una merda che nessuno aveva mai sentito cadere prima e subito il più grande esperto degli esperti, il migliore degli esperti, decretò che ci si trovava di fronte ad un capolavoro. Ora non dobbiamo essere precipitosi, nella sottosezione della caverna i capolavori non sono una cosa molto rara, anzi, capolavori sono ormai prodotti quasi ogni settimana, anzi, sono prodotti anche con una certa regolarità, ma quella merda, in quel preciso momento, era una novità che nessuno aveva mai sentito prima e pertanto c’era da fare festa. Sì perché tali abitatori avevano una sola ossessione ed era quella della festa, bisogna festeggiare, bisognava danzare, urlare, per ogni cosa e qui il termine cosa significa una sola cosa: la merda. Così iniziarono tutti ad urlare e danzare insieme, baciandosi e poi scopando, essi avevano il loro nuovo capolavoro per il quale gioire e godere.
Lo straniero che si rendeva sempre più conto dell’impossibilità di distogliere quei cavernicoli festeggianti dall’adorazione della merda (che per loro non era comunque merda), decise di allontanarsi, ma la fogna era immensa e dopo giorni e giorni che vagava nel sottosuolo, tanto per la fame, quanto per la disperazione, decise di assaggiare un pezzo di merda, così come facevano gli altri. Inizialmente il disgusto lo portò a vomitare, ma poi mentre vomitava ebbe un attimo di estasi ed iniziò a ridere, a ridere così tanto da non riuscire più a fermarsi. Ora il ridere, nella latrina, era cosa normale, tutti ridevano e si divertivano, ma loro ci erano abituati e questo non provocava danni al loro organismo. Il nostro straniero invece non aveva mai riso, non aveva neanche mai riso così forte e mentre rideva iniziò anche a piangere dal ridere. La sua bocca si dilatava come quella di un serpente ed il riso diventava sempre più stridulo, le stesse ossa si contraevano. Era un riso anomalo, un riso che lo portava ad avere problemi respiratori e più rideva più in realtà stava male, ma questo non lo fermava, egli continuava a ridere e mentre rideva pensava a quegli uomini che aveva visto, ricoperti di merda e che sopravvivono solo mangiando merda e che festeggiano continuamente e che gridano alla novità. Pertanto, non subiva il riso, ma era egli stesso a provocarlo pensando a quegli uomini che festeggiano nella merda e, mentre pensava tutte queste cose, improvvisamente crollò a terra, ma anche lì non smetteva di ridere, continuava a pensare e a ridere. Era ormai in preda ad una sorta di attacco epilettico che non lo lasciava, ma continuava a ridere e quella risata diventava sempre più forte e sempre più violenta, fin quando ad un certo punto soffocò nel suo stesso ridere.
Ogni tanto gli abitanti della fogna ricordano di uno straniero che un giorno venne loro a parlare di qualcosa, ma non ricordano di preciso di cosa, essi erano troppo impegnati a festeggiare per capire bene che cosa stesse dicendo quel pover’uomo e così, appena il ricordo di quello straniero sopraggiunge, subito si gettano in un nuovo festeggiamento per qualche novità, dimenticano di tutto mentre festeggiano e non pensano più a quella parola incomprensibile che lo straniero aveva pronunciato e sulla quale si era dato tanta pena, nel tentativo tragico di spiegarsi e di spiegare il senso della merda.
Esiste però anche un’altra versione del finale del mito, una versione che racconta del ritrovamento del cadavere. Vale anche la pena ricordare che queste due varianti saranno poi definite varianti di destra o di sinistra, in base alle differenti ideologie che si svilupparono nella caverna, ma entrambe le ideologie, seppur differenti, non differivano su una cosa fondamentale: l’esaltazione della merda, della quale però non sapevano nulla. Ora, noi popoli evoluti, non siamo ancora in grado di capire quale versione sia di destra e quale di sinistra, non abbiamo abbastanza prove e pertanto le raccontiamo entrambe, in modo che ognuno possa farsi l’idea che vuole in merito. In questa seconda versione i cavernicoli, attratti dal particolare odore che emanava dal cadavere dello straniero, ritrovano questo corpo caduto a terra come un corpo morto dovrebbe cadere quando crepa. La percezione di quell’odore era per loro più forte della ricerca della parola rimossa, la parola merda, e quell’odore mai sentito fece sì che si dovessero chiamare in campo di nuovo gli esperti. Dopo svariate riunioni si giunse ad una conclusione: il corpo era sicuramente il corpo di una divinità e come tale iniziarono a venerarlo ricoprendolo di merda, fin quando, una volta che lo avevano santificato e glorificato abbastanza, lo divorarono. Era ben felice di nutrirsi di una divinità e questo fece sì che si potesse dar vita all’ennesima festa, la festa dell’orgia e del banchetto della divinità, della divinità di merda.